Incontriamo Fulvio Ravagnani, curatore del progetto artistico My little house.
Si tratta di un ciclo di residenze dalla metodologia inedita che prevede la convivenza di un artista in case messe a disposizione da persone comuni, non addetti ai lavori o collezionisti. Ambienti domestici intimi coabitando con l’arte e il suo generatore.
La prima little house si è da poco inaugurata con le opere dell’artista Cristina Gardumi.
Fulvio Ravagni ci racconta cosa è successo nei giorni di residenza in questa nuova intervista per unconventionalproject.
Quando, come e perché è nato il progetto “My little house”?
È nato un po’ per gioco, io come tanti altri ci lamentiamo sempre delle inaugurazioni in cui si va solo per esserci e non si riesce a godersi la mostra di turno. Per non parlare del post inaugurazione, in cui c’è il deserto, molto alienante. Non so cosa sia peggio, comunque credo proprio che i templi espositivi a qualunque livello vivono questi due estremi oggi. In una Little House invece, trovi sempre la relazione diretta con l’abitante della casa e/o con l’artista. Insomma volevo che l’arte non fosse solo riflessione estetica e intellettuale, ma che creasse delle connessioni tra persone reali. L’arte per me ha senso quando è allo stesso tempo contemplazione e condivisione.
Un artista in casa per sette giorni… ma non in case di collezionisti ma di gente comune. Ci spieghi meglio?
Beh le grandi case dei collezionisti in cui si fanno da sempre mostre io le adoro, però sono un’altra storia, ancora più elitarie delle gallerie se ci pensate. A My Little House dovrebbero partecipare solo case “normali”, il mio è un bilocale in una zona non certo centrale, eppure si può essere piccoli portatori sani di arte anche così. Io cerco persone, famiglie e artisti che hanno voglia di mettersi in gioco.
Cristina Gardumi è la prima artista invitata a condividere la sua ricerca in una “little house” ci racconti come è andata?
Benissimo direi; non conoscevo Cristina in modo approfondito, l’ho vista a teatro una volta (si perché è anche una meravigliosa attrice) e poi ho spiato i suoi lavori da lontano. Quando ho deciso di iniziare il progetto My Little House, ho immediatamente pensato a lei, che in modo spontaneo ha subito accettato. Siamo molto diversi come persone, ma abbiamo trovato un perfetto equilibrio. Il segreto è influenzarsi e contaminarsi a vicenda, dando fiducia e libertà, una ricetta valida per tutti i rapporti umani infondo. Questo tipo di convivenza ravvicinata è molto forte, il proprietario di casa abbandona la sua condizione per lasciarsi invadere e trasformare dall’artista, questo ti segna, è un po’ come rinascere. La soddisfazione più grande è vedere l’entusiasmo delle persone che arrivano a casa, sono venuti anche tanti abitanti del mio palazzo, persone estranee all’arte, ma curiose e desiderose di superare le barriere dell’anonima vita delle città di oggi, piena di diffidenza verso gli altri.
Per visitare “My little house” con le opera di Cristina Gardumi scrivi per prenotarti a: ravagnanifulvio@gmail.com
… e visita la pagina Facebook del progetto cliccando qui.
1. Cristina Gardumi, Appunti per un Romanzo Americano, china su carta, 2014 – Courtesy My Little House.
2. Cristina Gardumi, Bosco 1, china, caffè e gouache su velina, 2014 – Courtesy My Little House.
3. Cristina Gardumi, Il Sogno di Cleopatra, china, caffè e gouache su muro, 2014 – Courtesy My Little House.
4. Cristina Gardumi, MeRabbit2&MeChicken2, seta e fil di f erro, 2014 – Courtesy My Little House.
Di seguito il comunicato stampa del progetto:
MY LITTLE HOUSE è la mia nuova avventura, anche se il nome e le premesse potrebbero subito ricondurci al fenomeno delle “mostre in casa”, qui l’idea prende un respiro più ampio. Non vogliamo lavorare in case meravigliose di super collezionisti per una semplice presentazione “d’artista”, ma in piccole case, messe a disposizione da persone “comuni”, che vogliono sperimentare e farsi travolgere dall’esperienza della convivenza con un artista, che lavora nell’intimità della loro casa per 7 giorni. L’artista cambia veste e ruolo, è il demiurgo della vita dell’altro, è invasore, attento e accorto a rispettare il DNA vivente degli spazi. Lo step successivo all’invasione dell’artista in una LITTLE HOUSE è il coinvolgimento della comunità che la circonda (es. bambini, anziani, scuole e stranieri, etc. …), instaurando così occasioni di dialogo e aggregazione nella vita comunitaria.
In concreto succede che l’artista e il proprietario di una casa si scelgono e l’artista per 1 settimana vive e lavora in questa nuova situazione, il valore sta nella diversità dei risultati, in ogni casa potrebbe accadere qualunque cosa, l’unica certezza è che tutto sarà documentato con foto e video visibili su un Tumblr dedicato e sui social network correlati. Terminato l’intervento dell’artista, non ci sarà una vera e propria inaugurazione, ma tanti incontri e tanti inviti all’interno dello spazio, dedicati a singole persone o a piccoli gruppi, per un caffè, una cena, in momenti diversi della giornata: non ci sono regole, tutto nella vita della LITTLE HOUSE torna a funzionare come prima, soltanto che ogni tanto qualcuno potrà chiedere o essere invitato a vedere i segni e le opere lasciati dall’artista. Questo succede un po’ a causa degli spazi limitati (non si può certo immaginare la solita folla delle inaugurazioni), un po’ per scelta: c’è un gran bisogno di conoscere veramente le persone, di parlarci con calma, per far nascere nuove idee, bisogna riprendere il gusto di ritrovarsi in pochi intimi.
Dovendo da qualche parte iniziare, ho deciso di mettermi in gioco in prima persona aprendo le porte della mia LITTLE HOUSE. La situazione è perfetta: un bilocale in un edificio costruito negli anni 30’ all’interno di un’illuminata operazione di edilizia popolare. All’angolo di via Dolci/Ricciarelli, dove le attività commerciali stentano e si inizia a sentire l’odore della periferia. Il biciclettaio della zona mi racconta che una volta, negli anni 70’, sembrava la prosecuzione di corso Vercelli (tipico esempio milanese dello struscio tra i negozi). Oggi questo incrocio di strade fatica a trovare una sua identità, schiacciato tra De Angeli, la riservata e borghese zona della fiera vecchia e una mal censita casba multietnica.
Non rimaneva che trovare un artista, disposto a seguirmi in quest’avventura. Il primo pensiero è andato a Cristina Gardumi, che fortunatamente mi ha risposto così: “La possibilità di condividere tempo e spazio creativi con qualcuno è sempre un’opportunità straordinaria e quello che mi stai proponendo ha tanto l’aria di una piccola rivoluzione. Mi piace perché sento che metterà alla prova me e il mio modo di lavorare. La parte più interessante però credo sarà il lavoro sulla relazione, indipendentemente dalla tecnica e dalle opere che nasceranno.”
Non mi resta ora che invitarvi nella nostra prima LITTLE HOUSE con Cristina Gardumi.